"Questa che qui proponiamo - con la partecipazione di Giuseppe Bellosi, che ne cura i testi e ne stende una presentazione critica - è la testimonianza di una delle più alte prove della poesia italiana del secondo Novecento e dei primi anni del nuovo secolo, scritta nella lingua della Romagna. Lontana dalla poesia del ricordo e degli abbandoni alla dolcezza dei sentimenti e agli struggimenti della nostalgia cui molti indulgono, rappresenta con una dolorosa intensità il dramma dell'uomo contemporaneo, smarrito nei deserti degradati della mondializzazione, del si dice e si fa quel che i padroni del mondo vogliono si dica e si faccia, senza più radici, senza più l'unanimismo educato da un senso della comunità ora perduto: siamo una « numerosa solitudine» - come Ungaretti, un poeta caro a Nadiani, aveva evocato con fulminante consapevolezza - e perciò privi di identità , di conoscenza del sé e dunque della libertà , che possiamo garantirci solo se sappiamo chi siamo. Così , il poeta potrà chiedersi dove egli sia (« E me in d'a soia») ora che non conosce più nessuno e nessuno più lo conosce (« Incion ch'am cnosa»), e dunque un forestiero a casa sua, deserto di memoria e di riferimenti, e la cui stessa lingua è una lingua sconfitta. Ma veda il lettore con quanta forza di rappresentazione il poeta affidi a quella sua parola moribonda un intero mondo e come non cessi di coltivare la speranza." (Roberto Casalini) Das Urheberrecht an bibliographischen und produktbeschreibenden Daten und an den bereitgestellten Bildern liegt bei Informazioni Editoriali, I. E. S. r. l. , oder beim Herausgeber oder demjenigen, der die Genehmigung erteilt hat. Alle Rechte vorbehalten.