Mo`è d Qatà n, l espressione che dà il titolo al nostro trattato, significa piccola festä o piccolo tempo stabilito . Si tratta dei giorni centrali delle feste di Pè sach e Sukkò t, che durano rispettivamente sette e otto giorni (otto e nove nella Diaspora) dei quali il primo e l ultimo sono di festa solenne (Yom Tov); i restanti giorni delle due festività vanno sotto il nome di chol haMo`è d (lett. profano della festä), in italiano frequentemente indicati anche con l espressione mezzafestä . In questo periodo intermedio delle festività di Pè sach e Sukkò t è richiesto un equilibrio fra gli elementi che devono caratterizzare la festa e le esigenze della quotidianità . Nel cercare di stabilire quali attività lavorative siano permesse e quali no, il Talmud arriva alla conclusione che proprio ai Maestri è stato affidato il compito di sancire cosa sia lecito e cosa no. Non c è dunque corrispondenza sistematica con le melakhò t (opere creative) che è proibito compiere di Shabbà t. Nemmeno si può dire che vi sia un diverso livello di intensità delle stesse, cioè che i divieti di chol haMo`è d possano ricondursi, pur con delle facilitazioni, alle stesse melakhò t di Shabbà t. Non è così , dato che di chol haMo`è d alcune melakhò t sono vietate, come lo scrivere, mentre altre sono permesse, come l accendere il fuoco. Un criterio è rintracciabile nella prescrizione di evitare di affaticarsi eccessivamente di chol haMo`è d, cosa che potrebbe andare a detrimento della gioia, che in quei giorni deve invece essere pervasiva. Altra differenza importante tra Shabbà t e i giorni di festa da una parte e chol haMo`è d dall altra è che i divieti vigenti in questo secondo caso non sono assoluti: opere a beneficio della collettività , circostanze di convenienza, occasioni che non si ripetono, situazioni di grande necessità possono costituire motivo di deroga ai divieti di chol haMo`è d, mentre non sarebbe la stessa cosa per lo Shabbà t. L esigenza di trovare un equilibrio fra cose permesse e cose vietate nei giorni di mezza festa porta anche a limitare fortemente l attività lavorativa in senso lato. I commentatori discutono se la proibizione di compiere melakhò t nei giorni di mezza festa sia di origine biblica o rabbinica. Anche chi sostiene che la base della regola sia di istituzione biblica concorda comunque sul fatto che i dettagli applicativi sono di origine rabbinica. Il trattato è denso di brani normativi mentre sono sporadici quelli aggadici. In modo apparentemente paradossale, il trattato Mo`è d Qatà n tratta abbondantemente di regole legate al lutto. L argomento appare già nel cap. 1, quando si discute di tombe e sepolture, e diventa rilevante nel secondo capitolo proprio per una certa corrispondenza fra le attività che è vietato svolgere di chol haMo`è d e quelle vietate nei primi sette giorni di lutto; diventa infine preponderante e quasi esclusivo nel terzo e ultimo capitolo del trattato (a partire cioè dalla fine di p. 14a), che da quel punto in poi non tratta più dei giorni di chol haMo`è d. Ecco così che tale argomento, richiamato per un qualche collegamento con il tema principe del trattato, diviene il soggetto di quasi metà del trattato stesso. È interessante notare al riguardo che il lutto, almeno nella sua forma più stretta, quella che ha luogo nei primi sette giorni, è incompatibile con la festa e quindi non ha luogo durante chol haMo`è d: se il lutto è iniziato prima della festa, l avvento della festa lo annulla; altrimenti, ad esempio nel caso di una persona che venga a mancare durante la festa, inizia soltanto a festa stessa terminata. Il trattato di Mo`è d Qatà n è breve, essendo composto da 28 fogli in tutto, e è diviso in tre capitoli. Con testo originale e traduzione italiana a fronte, note, commenti, illustrazioni, schede tematiche, norme di Halakhà , appendici e indici. Das Urheberrecht an bibliographischen und produktbeschreibenden Daten und an den bereitgestellten Bildern liegt bei Informazioni Editoriali, I. E. S. r. l. , oder beim Herausgeber oder demjenigen, der die Genehmigung erteilt hat. Alle Rechte vorbehalten.