Nei suoi ultimi cinque anni di vita, dal '38 al '42 (anno in cui muore in un campo di concentramento), Irè ne Né mirovsky vive un'ambivalenza esistenziale che si specchia anche sulla sua scrittura. Da una parte, riflettendo sulla complicata situazione storica, vorrebbe scrivere il "Guerra e pace" del nuovo secolo (un impegno che la porterà alla scrittura di "Suite francese"); dall'altra le difficoltà economiche e l'oggettivo pericolo di vita per via delle leggi razziali la spingono a chiedere a diversi periodici di pubblicare alcuni suoi racconti sotto falso nome. La condizione di necessità pare aver concesso uno scarto alla scrittura di Né mirovsky, specie alla scrittura delle novelle. Quando non sente l'ansia di dover scrivere il capolavoro sul proprio tempo, la paura, l'ansia, il dramma della vita si avvertono più prepotentemente. Quasi che aprendo una finestra su un episodio, un lampo, una luce ci raggiungessero. Quella storia che mette in atto tutto il suo carico di sofferenza e di dolore fa scrivere a Irè ne i suoi racconti più drammatici e più belli. Ma non soltanto al racconto di una Storia in presa diretta siamo interessati; quanto piuttosto alla vita minuscola, misera, umanissima di questi individui che alla storia sono sottomessi. Prefazione di Roberto Deidier e introduzione di Antonia Dedda. Das Urheberrecht an bibliographischen und produktbeschreibenden Daten und an den bereitgestellten Bildern liegt bei Informazioni Editoriali, I. E. S. r. l. , oder beim Herausgeber oder demjenigen, der die Genehmigung erteilt hat. Alle Rechte vorbehalten.